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Un imbonitore Oreste Biavati

Oreste_Biavati
immagine tratta dal film Hanno rubato un tram interpretato e diretto da Aldo Fabrizi1954

Articolo scritto da Alessandro Cervellati
sulla rivista Il Cantastorie, n. 16, agosto-novembre 1968

Scrivevano nel 1960: fra le notizie che fanno piacere, e non sono molte, che troviamo sui giornali, eccone una di nostro totale gradimento: a Gonzaga il 7 settembre fu assegnato un premio in danaro e un diploma speciale a Oreste Biavati per le già note e ineguagliabili doti che caratterizzano l’autentico imbonitore ambulante tradizionale.

L'anno prima il Biavati, sempre a Gonzaga, si era guadagnato il Megafono d'argento,e, in seguito, non sono stati pochi i premi e i riconoscimenti che questo valoroso imbonitore di piazza ha ricevuto in merito delle sue eccezionali doti.

Qualche volta abbiamo udito accennare a Biavati come ad un bravo ciarlatano. Per quanto chi usava questa parola fosse lontano dal darle un significato di animosità o di disistima, pregheremmo di bandire il vocabolo nei riguardi del Nostro.

Dice lo Zingarelli nel suo Vocabolario della lingua italiana alla voce ciarlatano: Chi inganna la credulità del pubblico spacciando nelle piazze rimedi miracolosi. Cerretano, cavadenti, ciurmadore, impostore, professionista ignorante e petulante che fa molto rumore intorno a sé. Gabbamondo.

Biavati è invece la negazione assoluta della parola ciarlatano, né ci pare neppure appropriato il termine imbonitore che noi abbiamo usato per i rapporti equivoci che questa parola ha con la prima.

Dice Ferdinando Palazzi nel suo Nuovo dizionario della lingua italiana alla parola imbonimento: qualunque discorso che vuol dare valore a cosa che non ha. Mettiamo quindi via i dizionari e cerchiamo di entrare in argomento.

Si deve, dunque, coniare un nuovo termine nei riguardi di Biavati?

Se i due precedenti sono impropri, si direbbe di si.

Per noi Biavati è un parlatore, un oratore, dotato di estro e di mimica che intrattiene nelle piazze il pubblico che gli fa corona intorno, con una arguta, sostanziosa, divertente conversazione; Biavati non fa leva sulla scurrilità e la volgarità per destare l'interesse degli ascoltatori, ma sembra piuttosto compiacersi al calore di quella forza interiore che anima il suo pensiero, diremmo forse meglio la sua filosofia, e che egli espone con tratti incisivi e con amena eloquenza.

Conversa con il pubblico, quasi per familiarizzare, confidarsi con l'umanità; la mercanzia che dovrà vendere verrà poi; sembra un riempitivo, un lontano accessorio nei riguardi della sua conversazione. Non elogierà mai la sua merce per alcuna ragione.

Ma parliamo della sua vita: Biavati è nato a Bologna il 16 febbraio 1890.
Non ha fatto certo eccessivi studi: se non erriamo, dopo aver frequentato per qualche mese la seconda elementare, fu costretto a sedersi presso il deschetto di un ciabattino per mettere cicchetti nelle suole strapazzate.

Ma presto il ragazzo cambia indirizzo, e lo vediamo fare il piccolo nei ristoranti e nelle trattorie.
Un tratto il ragazzo pensa che la pastorizia possa rendergli qualche cosa in più e si mette a pascolare pecore e capre, il che avviene con un Biavati in smoking. Si, perche al nostro futuro oratore un cameriere, impietosito dallo stato della giacca del ragazzo, gli ha regalato quel suo vecchio indumento.

Neppure la pastorizia gli permette di acquistare ville e castelli. L'odore delle ginestre gli suggerisce di iniziare all’arte del profumiere; in seguito alleva bachi da seta.
Intanto si è sposato: vengono al mondo i figli, che, ci dice lo stesso Biavati, va a battezzare a tre alla volta; ma a tutti i familiari ha dato sempre da mangiare malgrado i frangenti contro i quali cozza, che non sono pochi, perchè quest’uomo onestissimo e filosofo, con il commercio, generalmente, dalle lamette da barba, cerca di sbarcare il lunario, o, meglio, di sopperire alle necessita della fabbrica dell'appetito.

Cosi con l'estro che gli è congeniale si è improvvisato oratore di piazza. Da quando Biavati, molti e molti anni fa, operava sulle piazze e nelle fiere crediamo abbia cessato attualmente la sua attività - con la sua feconda intelligente e perspicace attirava a sé pubblico numerorissimo per ascoltarlo, ha avuto almeno la soddisfazione di non vedere mai qualcuno degli ascoltatori allontanarsi dal gruppo prima che l'oratore avesse finito di parlare.

Che tesoro di arguzie.
Raccoglierle sarebbe possibile formare un interessantissimo volume: Detti memorabili di Oreste Biavati.

Resterebbe qualcosa di questo filosofo di piazza, che noi spesso abbiamo paragonato a un Giulio Cesare Croce dei nostri tempi, non indegno di questa comparazione, con l'estro bizzarro e il ghiribizzo fantasioso del suo glorioso predecessore.