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Le antenate del Luna-Park

luna_park fotografia del sito lunaparkitalia.org

Scritto da Alessandro Cervellati
dalla rivista Il Cantastorie, n. 16, agosto-novembre 1968

Non si può pensare ai moderni Luna-park senza associarvi il ricordo delle antiche fiere anche se gli attuali parchi di divertimento hanno una ƒisonomia che l’impiego dell'elettricità e della tecnica meccanica possono permettere oggi realizzazioni ignote e impossibili nel passato.

Quasi sempre le antiche fiere avevano luogo, nel Medioevo, in occasione di solennità religiose: in tempi in cui le comunicazioni presentavano delle notevoli difficoltà, erano necessarie, per i luoghi lontani dai grandi centri, delle date fisse. perché le fiere, una volta tanto, fornivano l'occasione al popolo di approvigionarsi di mercanzie e di manufatti: inoltre si aggregava al mondo dei commerci anche quello festoso dei mimi, dei menestrelli, dei giocolieri, dei presentatori di scimmie e di orsi ammaestrati, dei danzatori di corda, dei predicatori di buona ventura, degli illusionisti, un insieme di saltimbanchi nomade e pittoresco. La prima fiera di cui si ha notizia storica è quella famosa di Saint Denis fondata da Re Dagoberto nel 629, il cui ordinamento diceva che i mercanti di Spagna, della Provenza e di altre contrade anche d'oltre mare potevano parteciparvi.

La fiera durava quattro settimane ed aveva inizio il giorno di Saint Denis: così tutti i nomadi presentatori di spettacoli di piazza avevano modo di riunirsi e di arrangiarsi e diciamo arrangiarsi, perché le difficoltà incontrate per soddisfare la fabbrica dell'appetito con l`esercizio della professione li costringeva spesso ad essere scarsamente corretti.

Carlomagno li considerava infami e non degni di fede (capitolare del 788) e anche la Chiesa non fu mai tenera verso questi acrobati ed istrioni. Dopo la fiera di Saint Denis o di Lendit, seguirono a Parigi, le famosissime fiere di Saint Lazare e soprattutto di Saint Laurent e di Saint Germain che raccoglievano tutte le attrazioni dell'epoca di cui quella dei trovatori che improvvisavano versi e li cantavano era la più gradita.

Nei castelli (dove i Feudatari generalmente si annoiavano quando la caccia e le guerre non li occupavano), nomadi cantastorie erano ospitati e compensati.

Ma il regno dei trovatori era la piazza e la fiera: la folla li idolatrava mentre aveva scarsa fiducia negli altri saltimbanchi e cadaventi. Esisteva a quei tempi un'imposta di pedaggio per i nomadi che entravano in Parigi, cosi pure per l'animale o gli animali che avevano seco.

Ciò diede luogo a un motto francese in uso per parecchi secoli: pajer en monnaìe de singe, cioè pagare il contributo in moneta di scimmia, facendo cioè ballare il quadrumane oppure, se era un jongler, a giocolare e cantar canzoni.
Non occorre sottolineare il contenuto ironico del detto: s'intende pagare con delle ciance anzichè con della moneta poichè nei primissimi secoli, dopo l’anno mille, continuava, nell’opinione generale, il disprezzo per la virtuosità di questi nomadi.

Verso i secoli barocchi sembra che gli artisti delle fiere acquistino una maggiore indulgenza e comprensione da parte del pubblico e persino delle autorità, dai governi e dalla Chiesa, per quanto Tommaso Garzoni nella sua Piazza universale di tutte le professioni del mondo ce ne faccia una descrizione poco edificante. Celebri in Italia, diciamo di passaggio, furono le fiere di Sinigallia, di Milano, di Gonzaga. ecc..

Effettivamente è in quei secoli che si veggono nelle fiere attrazioni sorprendenti: il famoso rinoceronte, maivisto prima, comparso nel 1750 e presentato da un capitano olandese; il famoso saltatore Giuseppe Grimaldi, detto gamba di ferro, zio del creatore del pagliaccio moderno, il clown. Di questo acrobata va anzi raccontato un aneddoto curioso: il nostro gamba di ferro chiamato a far conoscere le sue prodezze a Parigi davanti all’ambasciatore turco Mechemet Efendi, fece un salto così eccezionale che andò a colpire una lampada attaccata al soffitto. Un pezzo di cristallo staccatosi per l'urto colpì il naso del rappresentante della Sublime Porta. L’ambasciatore parlò subito di impanazione, ma gli fu fatto osservare che quel genere di castigo non era in uso in Francia.

Si videro inoltre nelle fiere francesi, italiane e inglesi (celebre quella di San Bartolomeo) tra tutte le singolarità del mondo degli istrioni di piazza, famosissimi illusionisti che presentavano uomini a due teste, animali parlanti, ed altre mistificazioni e anche qualche bella attrattiva che farà parlare anche fuori del mondo delle fiere: vogliamo accennare all'automa, più sconcertante. Il giocatore di scacchi, del Barone ungherese Wolfango Von Kempelen, costruito nel 1777 e presentato per la prima volta a Tula in Russia, che in seguito fu fatto conoscere in tutta Europa. Questo automa giocava partite perfino con Caterina e Napoleone, vincendole. Il mistero dell'automa di Von Kempelen risultò inspiegabile nè a tutt'oggi si sono date spiegazioni soddisfacenti. Va anche detto che l'automa perdette due combattutissime partite con il Duca di Builton e l'avvocato Berneri che erano, del resto due fortissimi giocatori.

Nell'ottocento la sostanza e la fisionomia delle fiere non mutano gran che: compaiono in più le esibizioni dei domatori di leoni e di tigri di cui gli antesignani furono, nel 1822, l'inglese Jack Manchester e il francese Enrico Martin (alla fine del secolo scorso una riconoscenza universale l'ebbe il domatore di pantere, l’italiano Upilio Faimali) e le prodezze degli acrobati e cavallerizzi dei circhi (per tutto l’ottocento i circhi equestri non avevano ancora assorbito i serragli che erano una delle attrattive dominanti, mai assenti dalle fiere).

Inutile ripetere che in quegli anni non mancavano mai le sonnambule (« che vedono le mie nocchie bendate››) divinizzatrici del pensiero e oracoli da baraccone; gli atleti della lotta greco-romana, una attrazione importata dalla Francia, che mosse i primi passi proprio nelle baracche delle fiere, per finire sui palcoscenici dei grandi teatri; i tiri a bersaglio; le Donne gallina e le Sirene del Mare . Ettore Petrolini confessò nel suo Modestia a parte di essersi adattato ad esibirsi come sirena (alla vera Sirena, si nutre di pesci vivi e di ossa di balena) con parrucca bionda, petto imbottito e coda finta, immerso in una specie di bagnarola. Abbandonò presto la professione quando uno spettatore gettandogli una lira nella vasca azzardo delle proposte...

Ma in mezzo al bailamme delle giostre, delle altalene, dei palazzi Opiz, dei musei delle statue di cera, delle donne cannone, degli uomini scheletro, dei nani o dei giganti, delle donne barbute, fasulle o autentiche, degli ingoiatori di spade, dei mangiatori di fuoco, degli ammaestratori di pulci, dei prodigi della natura come definiva Barnum gli esseri verso cui la natura si compiacque di essere particolarmente ingrata (mostri e fenomeni)dei teatrini di comici all'improvviso (non si deve dimenticare che alla fiera francese si deve il famoso Theâtre de La Foire per gli attori del quale scrissero commedie e scenari Le Sage. Fuselier, Favart, Tiron e moltissimi altri e fornirono musiche Gilliers, Dauvergue, Philidor, che furono la gloria degli spettacoli fieristici di Saint Laurent e di Saint Germain).

Forse gli spettacoli delle fiere strampalati ed evidentemente fasulli, uniti ad altri più ragionevoli e persino istruttivi, che hanno per scopo definitivo di divertire, possono essere compresi nella loro utilità con la morale di Arlecchino:
perché i pazzi non possono dire, di tempo in tempo, delle buone cose, poiché i saggi, di tempo in tempo, ne dicono delle malvage?
Il quesito di Arlecchino, che vuol anche dire che il divertimento popolare non ha leggi razionali, proposto da uno dei più attivi e celebri eroi della fiera, ci induce a far presente che proprio tra le baracche delle fiere muove i primi passi il cinematografo con l’esibizione dei filmetti di Lumière, quel cinematografo che ha conquistato il mondo: non ci pare un merito e un vanto da tacersi: è un titolo d'onore per gli apprestatori dello spettacolo della fiera, e oggi, del Luna-Park.

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